Libera la mente…

Tutto accadde in sereno pomeriggio di maggio. In una di quelle giornate che passeresti a passeggiare al sole, parlando e camminando per ore ed ore. Quel pomeriggio mi trovavo invece in casa. Ero così tremendamente sicuro che lei sarebbe venuta e continuavo a sistemare casa per renderla il più presentabile possibile. Continuavo a guardare tutti gli orologi perchè le quattro e mezza sembravano non arrivare mai. Quattro e venticinque, ventisei, ventisette… Più che una persona in attesa di un dolce evento sembravo essere un condannato a morte in ansia per la  propria esecuzione. Le quattro e mezza sembravano  non voler arrivare cosi decisi di andare a farmi una bella doccia, rinfrescando il mio corpo e cercando di perdere tempo. Sotto la doccia anche l’acqua cadeva al rallentatore. Era una congiura! Poi finalmente il telefono squillò! Mi affrettai ad uscire, bagnando mezza casa alla ricerca del cellulare. Risposi appena in tempo. “Sono nella tua via” disse lei con quella giovanissima voce. Non sapevo cosa replicare e per non restare ammutolito risposi con un ok. “A che numero stai, è mezz’ora che cerco di parcheggiare” aggiunse lei come per giustifcarsi. Nel frattempo la sentivo camminare e non capivo che parcheggio dovesse mai cercare. Non feci in tempo a rispondere che un’ultima domanda mi colse di sorpresa “Il 20? Sono qui di fronte, mi apri?”. Dissi solo “Ok, arrivo” e chiudendo il telefono mi fiondai in camera da letto ad infilarmi jeans e maglietta. Camminando con i pantaloni mezzi calati e quasi incianpando nel tragitto verso l’ingresso raggiunsi la porta. Entrò dentro casa come una bimba entra in classe il primo giorno di scuola. Con quel sorriso che le illuminava il viso e quei sue grandi occhioni verdi. “Ciao” fu tutto quello che disse. Io mi sentivo terribilmente impacciato ed a disagio poichè non indossavo neppure le scarpe. “Mi metto le scarpe ed andiamo?” dissi io per non evidenziare il mio desiderio di stare lì con lei. L’angioletto non rispose e continuava a guardarmi mentre calzavo le scarpe. Mi rialzai e mi ritrovai proprio faccia a faccia con lei. I nostri visi talmente vicini che riuscivo a sentire il suo respiro. Quei due occhioni si erano persi dentro i miei ed io non riuscivo a staccarmi. La baciai ovvero lei baciò me, non importa, non cambia nulla. Le nostre labbra si sfioravano smosse da una passione ingenua che scivolava come ghiacchio sui nostri corpi. I miei occhi si aprivano per qualche piccolo istante ritrovando i suoi ed abbandonandoci in quell’indocile danza. Eravamo in piedi proprio vicino all’uscita. La sua schiena poggiava per metà su quell’angolo, imprigionata come su una ragnatela. La desideravo più di ogni altra cosa al mondo e con una voce quasi tremolante le dissi “Andiamo di là?”. Di là poteva significare tutto e niente poichè era la prima volta che lei entrava a casa mia. Non sapeva che stanze c’erano  anche se quelle poche parole erano molto esplicite. Con un filo di voce e con un puro sorriso mi disse “Si”. La sollevai da terra, prendendola in braccio come una principessa e la portai nella mia camera. C’era poca luce ma riuscivo a vederla perfettamente. L’adagiai sul mio letto e mi stesi al suo fianco. Riniziammo a baciarci come due amanti da una vita. Baci che non avevano tempo, baci che non avevano età, baci che accendevano le nostre anime, infuocavano i nostri corpi. Le nostre mani esploravano freneticamente, desiderose di saziare i nostri istinti. I nostri vestiti sparirono e nudi uno sull’altro i nostri cuori battevano come un rullo di tamburi. Mi sentivo un adolescente, innamorato e desideroso, che realizza il proprio sogno. Facemmo l’amore. Forse era la prima volta che il sesso eveva senso per noi. Ed eccoci esausti e appagati del nostro amore. Un amore tutto nostro. L’amore che varcava ogni limite materiale. L’amore tanto desiderato e mai raggiunto. Osservavo la sua schiena, indorata dallo spiraglio di luce che perveniva da fuori. Percorrevo con le mie dita la sua pelle vellutata, disegnando strade e ponti, sfiorando i suoi fianchi per vederla ridere un po’. Il suo viso tutto ad un tratto s’incupì, preoccupato di quello che era accaduto o quello che stava accadendo. Le mie braccia non bastavano più a darle quella sicurezza che tanto desiderava e il suo cuore iniziava ad allontarsi dal mio. Non volevo lasciarlo scappare, ma neppure imprigionarlo del mio amore. La mia bocca si avvicnò al suo orecchio. La mia testa era vuota, senza ragione, senza paure. E’ in quei momenti che il cuore prende il sopravvento, mettendo in un angolo la razionalità. Con un filo di voce, leggermente sollevata da questa nuova emozione, uscirono queste parole “libera la mente, non pensare a niente. Ora sei qui con me”. Sentii il suo cuore riavvicinarsi al mio. Come un treno senza conducente e senza alcuna volontà di fermarsi accelerava la sua corsa. Mi strinse forte, mentre i suoi occhi luccicavano di una gioia immensa. La sua testa si abbandonava sul mio petto ubriacandomi col profumo dei suoi capelli. Non so quante ore passammo così! Il tempo non aveva più un senso, forse nulla più ne aveva. Vivevamo nell’egoismo spensierato del nostro amore. Come un quadro, che rendeva dipinti così da lì all’eternità.

Un pensiero su “Libera la mente…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *